We rest humans with emotions

lunedì 25 ottobre 2010

TRA SOGNO E REALTA'©

Era spuntato il sole, e finalmente tutto cominciava ad essere
chiaro. Nulla sfuggiva alla luce. Il profumo dei fiori, dai
mille colori, si mescolava all’aria e mi trasmetteva una
sensazione strana. Era come se potessi sentine, al pari di un
insetto, le fragranze, e riuscissi a gustarne le preziose
prelibatezze sconosciute agli umani. I rami degli alberi, che
s’inchinavano alla terra, si mossero. Mi sembrava come se
la natura si fosse riunita ed avesse deliberato la mia entrata
nel suo mondo. Davanti a me le piante di nocciolo e i
castagni secolari mi avevano aperto una via. Era un invito
ad intraprendere una nuova strada. All’inizio del cammino
tutto mi appariva semplice e chiaro ma, a mano a mano che
proseguivo, la strada divenne un tunnel frondoso che non
aveva più nulla di rassicurante. Sentivo la paura accanto a
me così presente da credere, per un istante, di vedere il suo
volto. Camminavo. Una sola cosa sapevo: ero uscita dalla
realtà. Non sapevo quella nuova via dove mi avrebbe
condotto, né se sarei mai uscita da quello stadio che stavo
vivendo. Ciò che avevo lasciato erano le catene di un
mondo che m’impedivano di essere libera. Stavo vivendo
un sogno? Ma qual è il limite di demarcazione tra il sogno e
la realtà? Nel sogno ero libera. Ma libera da cosa? Cos’è
che sentivo così pesante nella realtà che avevo
abbandonato? Il vuoto. Ecco cos’è che non mi rendeva
libera. Quel non senso di tutte le cose, quella precarietà
della vita, quel disperdersi di ogni legame che si sgretolava
innanzi ai miei occhi. Io cercavo la pienezza. E se la
cercavo voleva dire che, nel passato, doveva esserci stata.
Come la donna che cercava la dracma perduta solo perché
ricordava di averla posseduta. Non si può desiderare ciò che
non si è mai avuto, né ciò che non si conosce. Io ricercavo
la pienezza perduta. All’improvviso un tronco d’albero mi
sbarrò la strada. Uno sciame d’api mi passò davanti.
Abbassai istintivamente la testa. Da quello sciame sentii
distintamente una voce che mi diceva: “Il tuo nome da ora
in avanti sarà “Vita”. Tu non hai genitori, né casa, né età.
Camminerai a lungo, fin quando non raggiungerai la tua
metà che si chiama “Felicità”. Quella è la pienezza che
riempirà il tuo vuoto”. La voce scomparve insieme allo
sciame di api. Passai oltre il tronco d’albero che mi tagliava
la strada e ripresi il cammino. L’oscurità mi veniva
incontro, come un felino che con passo felpato si avvicina
alla sua preda. Di nuovo la paura mi stava accanto. Sentivo
l'erba fredda sfiorare i palmi delle mie mani e, dopo essermi
unita al suo piacevole gelo, caddi tra le braccia di Morfeo.
Una luce mi colpì ed ecco, mi ritrovai ad un bivio. Era
quello un sogno dentro un altro sogno? Ma è possibile
interrogarsi sul sogno e la realtà mentre si sogna? A me
stava accadendo. Davanti a me c’erano due strade. La via
di sinistra era illuminata e rigogliosa, quella di destra era
avvolta dalle tenebre. Ero attratta dalla luce, ma avevo
paura che la via più facile celasse l’inganno.
Era arrivato il momento della scelta. Possibile che anche in
un sogno si dovesse scegliere? E perché, se stavo sognando,
sentivo comunque il peso della scelta? Forse quello non era
più un sogno? Mi resi conto che continuare a pensare non
avrebbe cambiato la situazione. Dovevo arrestare il pensiero
e vivere. Svoltai a destra e iniziai a correre. “Paura” era
dietro di me. Mi fermai e mi voltai. Per la prima volta
c’incontrammo. Lottai duramente contro di lei che mi
afferrò una gamba e mi ferì un calcagno. Ma, malgrado il
dolore che sentivo, urlai il suo nome e vinsi. Ora la
conoscevo. Improvvisamente sentii una sensazione strana
sotto i piedi. Il bosco era scomparso ed io mi ritrovai in una
spiaggia deserta a forma di luna. Il mare era calmo e sentivo
il rumore sommesso delle piccole onde. Mi sentivo sola.
Una tempesta improvvisa mi trascinò via con una violenza
inattesa. Io, “Vita”, stavo lottando contro “Morte”, ma
mentre credevo fosse giunta la fine tutto si calmò.
Fradicia e piena di ferite non riuscivo a muovermi.
Improvvisamente udii una voce che diceva: “Scala la
montagna!”. “Quale montagna?” chiesi tra me e me.
Poi alzai lo sguardo e vidi l' impossibile. Allo stremo delle
forze mi arrampicai. Molte volte scivolai e mi ritrovai al
punto di partenza, ma non mollai. Ormai conoscevo “Paura”
e “Morte” e non le temevo. La fede in ciò che stavo facendo
mi venne passo dopo passo, mettendo un piede davanti
all’altro. Così mi ritrovai sulla cima più alta della montagna,
quasi a sfiorar le nuvole. Avevo combattuto contro qualsiasi
avversità, ma soprattutto contro le mie paure e contro me
stessa, ed avevo capito che la pienezza si raggiunge
attraversando se stessi, costruendo giorno per giorno
l’esistenza attraverso scelte responsabili e concrete.
Dentro di me avevo incontrato “Felicità”. Per questo decisi
di abbandonare il sogno e di vivere la scommessa della
realtà. Aprii gli occhi. Ero nel letto di un ospedale. Mi ero
risvegliata dal coma e accanto a me il primo volto che vidi
fu quello di mia madre.©
CHIARA BIAGETTI

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