We rest humans with emotions

mercoledì 27 ottobre 2010

Adolescenza: età ingrata o primavera della vita?

Comunemente l'adolescenza è un periodo di tempo che tutti noi attraversiamo e che colpisce una certa fascia d'età, mediamente tra i 12 e i 18 anni con relative eccezioni.
E’ un fenomeno relativamente importante: c’è chi lo considera, spesso gli adulti, L’arco degli anni più bello della loro vita, quando magari chi sta trascorrendo non la considera tale ma piuttosto “strana”.
Insomma tutti questi cambiamenti fisici, comportamentali, mentali, tutto questo groviglio di sentimenti ed emozioni sconosciute che si attorciglia intorno a noi e non può essere respinto, ma bensì modificato in base al proprio modo di essere è alquanto confusionario.
Incombe però un ulteriore problema: in questo arco di tempo tutto si sta modellando dentro di noi, come si modella la creta per poi farne nascere un vaso, prevale l'insicurezza della propria identità, c’è chi se ne accorge ma anche chi cerca di nascondere questo tornado rendendosi sbruffone. Non c’è nulla da vergognarsi nel porsi delle domande e nulla di strano se ci accorgiamo di non essere uguali agli altri, ma anzi questo deve essere un impulso per trovare un modo per affermarsi ed accettarsi.
Ecco una delle cose più difficili, il disprezzo estetico del proprio Io è tipico di questi teenagers un pò stralunati e sognanti. Non prendiamoli in giro ma aiutiamoli a farli sentire compresi.
Non critichiamoli ma porgiamo loro una mano nel bisogno.
Infatti, la paranoia del non essere accettati da nessuno ossessiona come non mai, è per questo che a volte si cade in vizi e giri non molto piacevoli(alcool,droga, bullismo ecc.), perchè pur di sentirsi parte di qualcosa o qualcuno si è disposti a dare tutto. Come nell'amore e nell'amicizia. Perchè soffriamo così tanto se litighiamo con qualcuno a cui teniamo? Perchè stiamo le notti a piangere ad inzuppare il cuscino di lacrime per poi inconsapevolmente addormentarci? Cos'è quella forza che stringe il cuore fino a spappolarlo?
Esatto quando si diventa grandi s’impara a conoscere una cosa con cui bisognerà sempre convivere, il dolore. e tanto l'obiettivo non sta nell'aspettare che finisca il temporale, ma imparare a danzare sotto la pioggia. Questi ragazzi hanno bisogno di distrazioni continue, esseri tendenti alla noia, di emozioni forti che facciano dimenticare loro l'importanza e la serietà delle cose e li faccia tornare bambini anche solo per un nanosecondo, perchè era bello non essere coscienti di se stessi e provare dolore per un ginocchio sbucciato anziché per un cuore infranto da mille delusioni.
Bombardati da TROPPE tecnologie, ECCESSIVE distrazioni, da una società che non li COMPRENDE ma è capace solo di criticarli negativamente e loro come d’incanto non riconoscono più i valori, non danno più importanza a ciò che davvero è importante nella vita, sono troppo abituati ad avere e a non dare, hanno bisogno di qualcosa che nemmeno loro identificano, qualcosa che li renda felici. Ma per quanto i beni effimeri possano riempire il loro cuore, quanto un contagocce può riempire una vasca, non saranno mai pieni, poiché la pienezza risiede nell'astratto (amore per ciò che si ha, per cosa si fa, per se stessi e per gli altri) e non nel concreto (beni materiali, benessere).
Ribadendo che le visioni dell'adolescenza sono differenti per ognuno di noi, è comunque sbagliato affermare che essa sia felicità o dolore, poiché la strada della vita è in sé stessa ripida e difficile e la difficoltà non sta nella quantità di ostacoli ma nella nostra capacità di affrontarli, eppure è anche piena di gioie che a volte tendono a farci staccare i piedi da terra un po’troppo. L'adolescenza non è difficile, siamo noi in una situazione particolare incapaci di affrontarla al meglio e secondo questo determineremo la nostra vita, il nostro essere, le nostre idee, il nostro carattere e la sicurezza e andremo incontro al Futuro che ansiosamente ci aspetta.
                         Chiara Biagetti

lunedì 25 ottobre 2010

TRA SOGNO E REALTA'©

Era spuntato il sole, e finalmente tutto cominciava ad essere
chiaro. Nulla sfuggiva alla luce. Il profumo dei fiori, dai
mille colori, si mescolava all’aria e mi trasmetteva una
sensazione strana. Era come se potessi sentine, al pari di un
insetto, le fragranze, e riuscissi a gustarne le preziose
prelibatezze sconosciute agli umani. I rami degli alberi, che
s’inchinavano alla terra, si mossero. Mi sembrava come se
la natura si fosse riunita ed avesse deliberato la mia entrata
nel suo mondo. Davanti a me le piante di nocciolo e i
castagni secolari mi avevano aperto una via. Era un invito
ad intraprendere una nuova strada. All’inizio del cammino
tutto mi appariva semplice e chiaro ma, a mano a mano che
proseguivo, la strada divenne un tunnel frondoso che non
aveva più nulla di rassicurante. Sentivo la paura accanto a
me così presente da credere, per un istante, di vedere il suo
volto. Camminavo. Una sola cosa sapevo: ero uscita dalla
realtà. Non sapevo quella nuova via dove mi avrebbe
condotto, né se sarei mai uscita da quello stadio che stavo
vivendo. Ciò che avevo lasciato erano le catene di un
mondo che m’impedivano di essere libera. Stavo vivendo
un sogno? Ma qual è il limite di demarcazione tra il sogno e
la realtà? Nel sogno ero libera. Ma libera da cosa? Cos’è
che sentivo così pesante nella realtà che avevo
abbandonato? Il vuoto. Ecco cos’è che non mi rendeva
libera. Quel non senso di tutte le cose, quella precarietà
della vita, quel disperdersi di ogni legame che si sgretolava
innanzi ai miei occhi. Io cercavo la pienezza. E se la
cercavo voleva dire che, nel passato, doveva esserci stata.
Come la donna che cercava la dracma perduta solo perché
ricordava di averla posseduta. Non si può desiderare ciò che
non si è mai avuto, né ciò che non si conosce. Io ricercavo
la pienezza perduta. All’improvviso un tronco d’albero mi
sbarrò la strada. Uno sciame d’api mi passò davanti.
Abbassai istintivamente la testa. Da quello sciame sentii
distintamente una voce che mi diceva: “Il tuo nome da ora
in avanti sarà “Vita”. Tu non hai genitori, né casa, né età.
Camminerai a lungo, fin quando non raggiungerai la tua
metà che si chiama “Felicità”. Quella è la pienezza che
riempirà il tuo vuoto”. La voce scomparve insieme allo
sciame di api. Passai oltre il tronco d’albero che mi tagliava
la strada e ripresi il cammino. L’oscurità mi veniva
incontro, come un felino che con passo felpato si avvicina
alla sua preda. Di nuovo la paura mi stava accanto. Sentivo
l'erba fredda sfiorare i palmi delle mie mani e, dopo essermi
unita al suo piacevole gelo, caddi tra le braccia di Morfeo.
Una luce mi colpì ed ecco, mi ritrovai ad un bivio. Era
quello un sogno dentro un altro sogno? Ma è possibile
interrogarsi sul sogno e la realtà mentre si sogna? A me
stava accadendo. Davanti a me c’erano due strade. La via
di sinistra era illuminata e rigogliosa, quella di destra era
avvolta dalle tenebre. Ero attratta dalla luce, ma avevo
paura che la via più facile celasse l’inganno.
Era arrivato il momento della scelta. Possibile che anche in
un sogno si dovesse scegliere? E perché, se stavo sognando,
sentivo comunque il peso della scelta? Forse quello non era
più un sogno? Mi resi conto che continuare a pensare non
avrebbe cambiato la situazione. Dovevo arrestare il pensiero
e vivere. Svoltai a destra e iniziai a correre. “Paura” era
dietro di me. Mi fermai e mi voltai. Per la prima volta
c’incontrammo. Lottai duramente contro di lei che mi
afferrò una gamba e mi ferì un calcagno. Ma, malgrado il
dolore che sentivo, urlai il suo nome e vinsi. Ora la
conoscevo. Improvvisamente sentii una sensazione strana
sotto i piedi. Il bosco era scomparso ed io mi ritrovai in una
spiaggia deserta a forma di luna. Il mare era calmo e sentivo
il rumore sommesso delle piccole onde. Mi sentivo sola.
Una tempesta improvvisa mi trascinò via con una violenza
inattesa. Io, “Vita”, stavo lottando contro “Morte”, ma
mentre credevo fosse giunta la fine tutto si calmò.
Fradicia e piena di ferite non riuscivo a muovermi.
Improvvisamente udii una voce che diceva: “Scala la
montagna!”. “Quale montagna?” chiesi tra me e me.
Poi alzai lo sguardo e vidi l' impossibile. Allo stremo delle
forze mi arrampicai. Molte volte scivolai e mi ritrovai al
punto di partenza, ma non mollai. Ormai conoscevo “Paura”
e “Morte” e non le temevo. La fede in ciò che stavo facendo
mi venne passo dopo passo, mettendo un piede davanti
all’altro. Così mi ritrovai sulla cima più alta della montagna,
quasi a sfiorar le nuvole. Avevo combattuto contro qualsiasi
avversità, ma soprattutto contro le mie paure e contro me
stessa, ed avevo capito che la pienezza si raggiunge
attraversando se stessi, costruendo giorno per giorno
l’esistenza attraverso scelte responsabili e concrete.
Dentro di me avevo incontrato “Felicità”. Per questo decisi
di abbandonare il sogno e di vivere la scommessa della
realtà. Aprii gli occhi. Ero nel letto di un ospedale. Mi ero
risvegliata dal coma e accanto a me il primo volto che vidi
fu quello di mia madre.©
CHIARA BIAGETTI

sabato 9 ottobre 2010

Organismi Geneticamente Modificati

Avete presente quelle giornate in cui il mondo sembra crollarvi addosso? 
esatto oggi , nel mio completo ignoto,  
la mia ora stava scoccando 
e quando rimbombò, non fu affatto gentile.
Non si tratta di eventi particolarmente evidenti o importanti, 
piuttosto per quanto io possa essere  
un'osservatrice squisitamente incallita 
ho cercato di togliermi di dosso queste  
docce gelate che mi hanno improvvisamente colpito, 
una dopo l'altra. 
 Ma è servito a ben poco, 
il destino evidentemente voleva che io abbassassi la testa e accettassi 
che, giustamente,    
ogni giorno non può essere perfetto,  
noi non siamo perfetti.
 Era fin troppo semplice in queto modo,  
perciò la demoralizzazione completa e iniziale 
ci ha messo un bel pò per scostarsi e andarsene a perseguitare qualcun altro. 
Sto riflettendo, che in questo momento,
una sincera autocritica basterebbe se non fosse per un inconscio cambiamento. 
"Non si può cambiar da un dì all'altro" mi son detta. 
Ma in questo caso Freud mi darebbe probabilmente ragione,
l'inconscio è su di me una potenza orribilmente influenzabile...
e l'Es , l'IO e il Super-Io ci metton poco a non andare d'accordo.
 Da quì i momenti involontari e nevrotici.
 Un paio di OGM organismi geneticamente modificati si sono
inoltrati senza permesso nella mia testae mi hanno resa una persona troppo,
troppo sicura di sé perchè non ci fossero dei cambiamenti.
 Per chi ci crede al destino, anche solo un pò come me, 
 credo sia stato merito suo,  
ad aprirmi la realtà sbattendomene in faccia la porta e credo sia stato un bene,
perchè forse un'altro giorno sarebbe stato troppo tardi, 
la cecità sarebbe stata permanente e non sarei potuta più uscire dal buio. 
Forse... Chi può saperlo? 
Domani però è un'altro giorno ed è diverso  
poichè ALTRO è tutto ciò che è DIverso da te 
e io andrò avanti, con o senza uno strascico di fortuna.